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Scritti ebraici senza risonanze

Alfredo Caro
Prezzo libro: 15,00 € 14,25 € - 5%

Pagine: 114
Legatura: Brossura
Anno di edizione: 2013
ISBN: 9788880575184

Vengono qui raccolti i miei scritti più recenti. Ringrazio la casa editrice Giuntina che ha avuto la gentilezza, ma io penso anche la lungimirante accortezza, di far sì che essi vengano maggiormente conosciuti. Poche parole a mo’ di introduzione. Questi scritti parlano da soli e – almeno nel panorama ebraico italiano – sono rimasti anche solitari; cioè isolati e, come ho scritto nel titolo, “senza risonanze”. Alcuni sono stati pubblicati in riviste e giornali ebraici, altri no; è come, però, se fossero tutti inediti perché nessun intellettuale ebreo, agente di cultura, ha trovato la maniera di rispondere al mio dire o di aprire un dibattito. Eppure, lakhèn (utilizzo questa magistrale parolina di Neher – nel suo libro su Geremia – sul significato della quale si è a lungo soffermato il suo dire, con forti sfumature teologiche, ma anche con riflessioni oserei dire filosofiche), di questi scritti storici “ebraici” – diversi da quelli “giudaici” – si avrà, d’ora in avanti, sempre più bisogno. E io avvicino questa congiunzione, che riprende Neher con inusuale novità, al temine che Walter Benjamin adopera nelle sue Tesi sulla storia, cioè quello di Augenblick (attimo), frazione “balenante” del tempo, fulminante come il “battito rapido dell’occhio”, che, nel procedere della storia, bisogna saper cogliere per fare scoprire a questa, oltre alla “continuità” progressiva delle narrazioni, propria dei vincitori, anche la “rottura, l’interruzione e la discontinuità dei vinti; e noi ebrei, pur non travolti dall’oblio, come popolo siamo stati fra questi. Con questa “interruzione”, il popolo ebraico, potrà, oltre a sopravvivere fino ad oggi, tornare a vivere, anche con le innovazioni conseguenti. Io credo di avere aperto in Italia una via che altri, più giovani, potranno proseguire. Proprio Benjamin, fra i pochissimi e più acuti, nelle sue Tesi mi ha sollecitato a recuperare e comprendere il “senso” storico del quale, da secoli, manchiamo. Di scritti “giudaici” la nostra tradizione, come “memoria culturale”, ci ha trasmesso abbastanza; la storia ci darà conferma di questa e, al di là, nel suo infuturarsi, della giustizia sociale, ebraicamente intesa. L’“istante” neheriano e l’ “attimo” benjaminiano ci introducono sulla “soglia” della “porta” della giustizia ebraica e della sua “difficile” libertà; ancora oggi siamo su quel limite, su quella soglia, da ebrei non in modo stabile, ma mossi da vigile inquietudine. Giustizia sociale, “piccolo” problema: per entrare oltre quella porta o per uscirne? L’importante è che lo storico degli ebrei non rimanga, come me, in solitudine, ma, sul limite, incontri qualcuno che voglia a lui unirsi. Auspico che indietro non si sia più costretti ad andare e che l’ebreo, contando sulla propria tradizione rinnovata, possa salvarsi dai ricorrenti naufragi e della storia… e della fede – almeno come questa la si intende e la si pratica dal periodo post-emancipatorio; naufragi che hanno scosso e percosso il senso dell’umano nel precedente secolo; “secolo breve” è stato detto, ma “secolo lungo” per noi, secolo che ancora continua a ferirci. E che non sia proprio la storia, che si sta facendo in Israele, che alla fede possa dare il suo risanamento? Che altri uomini accompagnino, col loro pensare ed agire anche critico, questa introduzione che non è altro che un inizio… e facciano sentire, con risonanza, la loro voce. A me non è riuscito.

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