Ghetto Vecchio N° 16, Treves Lazaro 36, Venditor di Merci di Turin qui da An. 11.
Questo è quanto è scritto nell’Anagrafe del 1797, che censiva gli ebrei residenti all’epoca nel Ghetto di Venezia. E proprio Abramo Lazzaro Treves, antenato dell’autrice, rappresenta il punto di partenza per una ricerca, che si è svolta tra Torino, dove è stato identificato il primo antenato certo di questo ramo dei Treves, Emanuel di Cuorgnè, e, per la massima parte, Venezia, dove i discendenti di Abramo Lazzaro hanno vissuto fino ai primi decenni del Novecento. L’autrice vive ora a Firenze, dove sono nati e vissuti anche i suoi genitori, ma ha mantenuto un rapporto così stretto con Venezia e i suoi antenati tanto da intraprendere un percorso che, al di là della ricostruzione degli alberi genealogici, l’ha portata a scoprire le sfaccettature di un mondo fatto di tanti personaggi, dei quali è riuscita a cogliere l’essenza attraverso la lettura di numerosi documenti originali.
Il libro si snoda tra testamenti, diatribe di carattere commerciale e patrimoniale (sempre attuali), contratti matrimoniali, censimenti e, naturalmente, nascite, matrimoni e morti, che vedono l’intrecciarsi della vita di famiglie ebraiche soprattutto veneziane (Todesco, Grassini, Sogliani, Gentili, Curiel, Levi, Grego, per citarne alcune) con i Treves. La documentazione archivistica, frutto di una ricerca rigorosa, rivela aspetti talora sconcertanti, come il matrimonio tra zio e nipote, o tragici, come la morte di parto della poco più che sedicenne Ester Grego Treves, ma anche curiosi e divertenti, come il testamento più volte rimaneggiato da Felice Levi e la vivace caratterizzazione del bisnonno dell’autrice, Moisè Lazzaro Luigi Treves.
Seguendo il filo storico-narrativo emergono alcune figure femminili, che con la loro intraprendenza e modernità sembrano talvolta anacronistiche per l’epoca in cui sono vissute: la madre di Abramo Lazzaro, Ricca Bella Levi, che viene invitata dal marito, nel suo testamento, a continuare a gestire il negozio di oste, e siamo verso la fine del Settecento; poi Rachel Grassini, che, divorziata, nel 1815 si presenta da sola a redigere il contratto matrimoniale e lei stessa stabilisce la sua dote; e, ancora, Ebe Treves, la nipote di Abramo Lazzaro, apprezzata cantante lirica, che calca per anni le scene in Italia e all’estero, intervallando la carriera artistica con due matrimoni e la nascita di tre figli. Ma anche donne “invisibili” come la madre “ignota” di Timoteo, che abbandona il figlio appena nato in un orfanotrofio, figlio che verrà riconosciuto dal padre, Giuseppe Fortunato Treves, dopo quasi tre anni dalla nascita. Storie che solo un’indagine minuziosa è riuscita a far uscire dall’oblio.
Intenso è il capitolo che riguarda la ricerca delle lapidi nel Cimitero Ebraico del Lido di Venezia. È quasi un pellegrinaggio che porta l’autrice alla scoperta di sepolture abbandonate da decenni, che fanno emergere nel suo animo sensazioni forti di commozione e di appartenenza. Quelle lapidi talvolta spezzate dalla forza degli alberi, che vengono lasciati crescere indisturbati, spesso inclinate, non sempre facilmente leggibili, ci dicono che le persone di cui si è cercato di ricostruire almeno in parte l’esistenza sono davvero vissute, non sono un mero frutto dell’immaginazione, ma rappresentano le radici dalle quali noi siamo nati. E sono proprio le radici ebraiche quelle riscoperte dall’autrice in questo lungo percorso di appassionata e appassionante ricerca.